La sveglia in casa mia è caratterizzata da mia madre che balla alle 5:59:59 con la musica dell’ora esatta di Canale5. Foto 1 • Segue controllo email direttamente dal letto, coccole a Melissa, stiracchiamenti generali, imprecazioni verso estranei su Facebook, bagno. La colazione è un enigma, in genere prendo le proteine in polvere al gusto cacao sciolte nell’acqua o nel latte scremato, questo perché ogni mattina mi ricordo che dovrei seguire un’alimentazione controllata, cosa che poi va sempre a finire a puttane a pranzo e a cena.
Foto 2 • Essendo esplosa la caldaia si sopravvive in questi giorni con la stufa elettrica, che fa molto chic. Il tecnico ci ha fatto sapere che verrà a salvarci non appena avrà tempo, forse a maggio inoltrato. Intanto, vista la temperatura, sarebbe il caso stravolgere l’arredamento del salone con prosciutti e cotechini appesi.
Foto 3 • Il traghetto per Positano. Per chi non lo sapesse, io gestisco per mestiere un paio di negozi e-commerce di beni di lusso. Uno di questi, abbigliamento e accessori d’alta moda, ha sede a Positano. Quindi almeno una volta al mese è necessario andare lì per fotografare la merce, controllare le giacenze e arricchire il mio armadio. Il traghetto, comunque, è una sorta di chiatta del mare che prima ferma ad Amalfi, dove fa il pieno di turisti, e poi riparte per Positano. A bordo le solite cose: turisti incollati agli oblò, intenti a fotografare qualsiasi cosa, signore del posto dal fascino intellettuale che si grattano i piedi sul sedile di fronte, la signorina del bar affetta da afasia, e infine i prodi marinai che, malgrado la loro acrimonia e il loro considerevole peso, darebbero senza dubbio la vita per salvare i presenti in caso di incidente. Grazie a quell’imbarcazione ho riconsiderato anche il mio concetto di paura, fino ad allora ero convinto di essere vulnerabile unicamente al suono improvviso dell’Air Wick. Poi capitò di rientrare in nottata con il mare forza dieci, George Clooney in La tempesta perfetta mi avrebbe fatto un baffo. Nella concitazione generale, mi impegnavo a immaginare il capitano nella cabina di comando con la situazione perfettamente sotto controllo, ma riuscivo solo a focalizzare Capitan Findus che impartiva precetti inutili a poveri mentecatti. Poi l’annuncio, dopo un’ora di otto volante, “Attenzione – mare mosso, potreste avvertire un po’ di sobbalzi”… questo mentre due vecchie in lacrime, non in grado di ancorarsi ai sedili, emulavano le palline di un flipper facendosi scaraventare da un lato all’altro di quel Poseidon.
Foto 4 • I turisti che girano a Positano hanno più o meno il tenore di vita di Bill Gates. Per i giapponesi sposarsi a Positano è un must. Di spose che passano davanti alla vetrina se ne contano almeno dieci ogni giorno. In merito ai turisti, sarebbe carino dedicare due righe anche alla mia migliore amica: la signora Klasen. Ella vive a Monaco e viene a Positano per far prendere aria ai sue due cani nani: Biscotto e Cipria. La donna, pur essendo tedesca, stranamente non si veste da Indiana Jones come i suoi connazionali da noi in vacanza, tant’è che, a molti di loro che incrocio per strada, spesso domando se siano riusciti a trovare l’Arca dell’Alleanza. Anche se ai loro occhi non risulta mai essere una battuta simpatica. La signora Klasen è la moglie di un banchiere tedesco che, con il proprio reddito, potrebbe tranquillamente accollarsi il debito pubblico italiano. Con molta nonchalance, in negozio, ci spiegò come, per i diciotto anni della figlia, avesse chiamato a intrattenere i commensali il suo cantante preferito: Robbie Williams. Il tutto, chiaramente, in un castello in grado di far venire i complessi di inferiorità a Hogwarts. La signora ha anche una suite, presso un hotel a cinque stelle di Positano, bloccata da anni che, naturalmente, paga ogni mese e considera la sua camera personale. Dopo aver scelto le borse di suo interesse indicandole con un dito (definendole “i pensierini di Natale”), ci fece portare un ottimo tè dal suo assistente personale. La signora parlava perfettamente l’italiano ed è molto socievole; esteticamente è la copia sputata di zia Yetta della sit-com La tata, ma, purtroppo, non comprende benissimo il concetto di normalità e di stile di vita dei comuni mortali, visto che mi invita a favolosi caffè a New York City per la sera successiva o mi suggerisce grossi affari acquistando titoli per capitali di svariati milioni di dollari.
Foto 5 • La sostituzione in negozio. Capita che l’addetta alla vendita vada in pausa pranzo, quindi in quell’arco di tempo mi dedico ai clienti faccia a faccia. Entra la cliente cinese con la sua interprete italiana: «La signorina desidera la borsa Valentino che è in vetrina». «Certo, quella nera o quella rossa?» «Le vuole entrambe». «Bene, la stessa borsa è disponibile anche viola». La ragazza le farfuglia qualcosa in cinese, poi si volta verso di me dicendo: «Allora anche quella». La cliente mi passa quindi la sua American Express Black, la carta che viene rilasciata solo ai miliardari, e io sono lì come Oda Mae Brown quando non vuole più dare l’assegno alle suore. Poi capita la cliente che arriva a Positano con la corriera. «Salve, mi scusi… quanto costa la borsa in vetrina?», «1.100 euro, signora», «No, mi scusi, io mi riferivo a quella piccina piccina.» «Anch’io.» (Micro-Peekaboo Fendi).
Foto 6 • Arriva poi la mia pausa pranzo. Dove la dignità e la cura per la prestanza fisica vengono puntualmente meno. La cuoca del ristorante dove vado di solito, la signora Concetta, mi vuole particolarmente bene e ignorava totalmente l’esistenza su questo pianeta dei: vegani, melariani, respiriani e fruttariani. Ancora oggi crede che io l’abbia presa in giro. I prezzi a Positano per un chicco di riso e un bicchiere d’acqua equivalgono, per i turisti, a una cena 5 stelle in un qualsiasi ristorante di Gambero Rosso. Per i residenti e i lavoratori c’è uno sconticino abbastanza forte. Se però venite da fuori e non volete firmare cambiali, portatevi una frittata nella stagnola da casa.
Foto 7 • La palestra. 45 minuti di tappeto e poi scheda. In genere si finisce con la salivazione nulla. Giusto per recuperare quello che strafogo in pausa pranzo. La mia palestra non è particolarmente grande e la clientela sembra essere uscita da un quadro di Picasso. Questo in genere aiuta sul piano psicologico, per vincere facile insomma. La palestra l’ho ripresa con assiduità dopo essere tornato da Barcellona nel 2013. Nei primi giorni, in Spagna, non riuscivo a capire cosa facessero tutti al liceo classico la mattina, fino a quando ho scoperto che non dicevano “ginnasio” ma “gimnasio“, che significa appunto “palestra”. Quella città mi motivava ad andarci, mentre in Italia, l’unico a motivarmi a proseguire la kick boxing era il mio dentista, non senza un palese conflitto di interessi. La mia palestra a BCN, comunque, era molto bella e faceva parte di una catena parecchio famosa, chiamata DIR. L’elemento chiave di tutto il sistema era il bracciale, la pulsera, molto minimal, tipo Magica Emi, che bisognava necessariamente indossare per poter fare qualsiasi cosa. All’ingresso e all’uscita dell’edificio bisognava passarlo su un lettore (e, dopo, anche le impronte digitali! Roba che neanche al Pentagono); per aprire e chiudere l’armadietto nello spogliatoio dovevi passare il bracciale sulla maniglia; il personal trainer poteva vedere la tua scheda passando il bracciale sul computer… A Salerno tutto ciò è fantascienza.
Foto 8 • La cena giapponese con l’amico di turno. Non c’è molto da dire, questa è l’unica cucina che concepisco come crudista. Se becco poi il ristorante All you can eat, subito dopo mi occorre una pillola abortiva. L’alternativa è il petto di pollo con le verdure, lascio decidere al caso. Nel senso che scrollo tutta la Home di Facebook, se anche solo una persona ha condiviso qualcosa di etnico, in automatico, significa che il destino mi invita a sgarrare.
Foto 9 • L’amica DJ mi invita alla sua serata a Napoli. Ragazzini ancora sporchi di placenta che si ubriacano con due drink, ragazze con abitini inguinali, tossiconi, vecchiardi, etc. La sindrome di Peter Pan è in agguato dietro a ogni angolo. In genere ne esco in condizioni vergognose.
Foto 10 • Le condizioni erano così vergognose da dover tornare a Salerno in treno, con il primo treno dell’alba. Il segreto per non svegliarsi a Reggio Calabria è quello di puntare la sveglia un minuto prima dell’arrivo previsto. In fronte mi attacco il biglietto, questo per evitare di essere svegliato dal controllore. Arrivato a casa mi butto a letto dieci minuti e in genere si riprende dalla Foto 1.
(Post scritto nel 2015)
Parte di questo testo proviene dal libro “Distruggere i sogni altrui esponendo la realtà oggettiva” edito da Echos Edizioni, per tanto è protetto da copyright e non lo si può copiare o riprodurre senza esplicita approvazione dell’editore.
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